mercoledì, marzo 15, 2006

 

Sfida Prodi-Berlusconi 2/2: breve analisi rispetto alla comunicazione; i voti.

Queste sono le sensazioni di uno dei sedici milioni di italiani che hanno guardato la sfida televisiva di ieri sera.
Dal momento che non ci si poteva aspettare una esauriente e soddisfacente trattazione degli argomenti (per parlare in maniera approfondita di economia, politica estera, società ecc. sarebbero occorse tante puntate monografiche da tre ore l'una....), non comprendo l'eccessivo rutilare contro una formula tesa a fornire sintesi ed espressione al portato di significati dei due candidati.
E male infatti ha fatto Berlusconi a prendere l'esposizione mediatica tanto agognata come l'occasione per esporre tutta la carne al fuoco che aveva in testa per convincere gli italiani: take it simple!

Ma procediamo per ordine (alfabetico).

Berlusconi
Le sensazioni iniziali sono quelle di stare osservando un esaminando dinanzi alla commissione giudicatrice. Ha studiato tanto e a memoria, si sforza di ricordare ed esporre tutto quanto è riuscito a ripassare negli ultimi giorni, a discapito del filo logico del discorso e delle domande.
I tempi. A differenza del proprio avversario inizia subito a sforare i tempi delle risposte. Vuole dire più del consentito e ci resta anche male. La capacità di sintesi in un confronto del genere è fondamentale, l'allungare i discorsi controproducente.
L'eloquio, in assenza di pubblico e nell'impossibilità di aggredire l'interlocutore interrompendolo con battute ed accuse, si perde dietro incertezze e ogni tanto si mangia le parole. E' evidentemente a disagio. Non guarda in camera (da lui non me lo sarei aspettato), ma è più spesso intento a guardare il foglio in cui nervosamente scrive in continuazione. Sembra parli alla sua penna, anziché al pubblico. Usa, a volte, parole sforzatamente ricercate tanto da apparire arcaiche.
Le cifre. Sono la sua ossessione. Sembra impegnarsi e sforzarsi ogni misura nel ricordare e riportare una infinità di numeri a sostegno delle sue tesi. Ora, le tesi, se effettivamente e inconfutabilmente valide, sanno essere convincenti anche senza rinforzini che, se esagerati, finiscono con l'inculcare in chi ascolta solo la sensazione che non ci sia sostanza dietro i numeri. Prodi ne approfitta in maniera sapiente (vedi in seguito).
La megalomania. Dire che il proprio governo è stato in assoluto e inequivocabilmente il migliore dal dopoguerra crea antipatia. Possibile non l'abbia ancora capito?
Gli errori. Sono gravi. Assimila le giuste ambizioni partecipative delle donne, a un qualcosa di di secondario parlando per loro che, invece, preferirebbero non andare a Roma a lavorare per stare a casa in famiglia. Altro autogol inatteso è sulla politica estera: a una domanda sull'Iran, lui casca dalle nuvole e tartaglia chiedendo lumi se si stesse parlando di Iraq e Iran. Un presidente del Consiglio non deve avere esitazioni su argomenti tanto rilevanti.
Ma il peggio lo mette in mostra nei 3 minuti conclusivi, quando deve fare il proprio appello agli elettori ammettendo subito, d'acchito, di essersi trovato in difficoltà dando la colpa alle regole del confronto (che, come tali, sono uguali per le parti, ma questo dovrebbe pure essere superfluo dire) e riconoscendo nella sostanza la sconfitta (nonostante le dichiarazioni di vittoria dell'indomani).

Prodi
Dà da subito una sensazione di maggiore sicurezza. Non si intrappola in acrobazie verbali e rispetta i tempi imposti. Il suo eloquio è pacato, come era lecito attendersi, ma a volte si fa più deciso attorno non tanto a concetti legati al programma della sua parte politica, quanto a valori. E su questo si gioca le sue migliori carte soprattutto alla fine quando conclude l'appello con la retorica della felicità ("possiamo organizzare per noi un po' di felicità") certo studiata a tavolino.
Il tono pacato fa da contraltare agli acuti dell'avversario che ad ogni intervento non trova di meglio che esordire dandogli dell'incredibile bugiardo. Per una volta è Berlusconi e non i suoi avversari a dovere inseguire i discorsi dell'altra parte (chi "insegue" perde). Si dirà che è noioso, ma con la sua pacatezza e la risolutezza con cui difende il paese nel suo complesso, il dialogo e gli altri valori di cui si pone a tutela, aumenta la sua autorevolezza come capo di governo. Non reagisce agli attacchi se non per puntualizzare la sua indipendenza (rinsaldando quindi proprio il concetto di autorevolezza).
Parla come Premier in pectore. Dà per certa la vittoria, con ciò attirandola. Ha capito il giochino...
Le cifre. Prodi dà scacco al rivale proprio cogliendo quello che questi intende come punto di forza imprescindibile e irrinunciabile: le cifre. Come ha fatto correttametne notare l'alleato Fini oggi, Berlusconi sembrava volesse prendersi 110 e lode. Ma tutti i numeri vantati dal Presidente del Consiglio sono in distonia con la realtà percepita da gran parte degli italiani che pure in gran parte gli potranno stare vicino per "partito preso", ma che comunque non è mai utile far passare per quello che non sono. Gli occhi li hanno tutti, non solo lui. E magari vedono meglio.
Mancanza di contenuti. Qui il Professore è stato nebuloso. Sul programma. La cosa, se da una parte è stata maggiormente evidenziata dal continuo snocciolare di cifre da parte del contendente, dall'altra proprio per l'eccessiva ansia da prestazione del premier ha contributo ad attenutare le machevolezze su alcuni dei temi trattati. Ribadisco: Prodi ha saputo meglio interpretare la natura del confronto che non richiedeva, non in questo contesto, prove a discarico da parte di Berlusconi che pure le proponeva una via l'altra.
Tuttavia, non si può puntare troppo sul concetto del "volemose bene" senza offrire all'uditorio significati precisi in merito al proprio programma.


Voti:
Berlusconi: 5,5
per la buona volontà (un po' regalato).
Prodi: 6,5
per aver saputo meglio interpretare il match, ma da rivedere.

~


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